Federauto: evitare la spirale perversa dei dazi» e «ridare certezze alla rete»

Il colpo di Trump al mercato globale
«I dazi decisi da Donald Trump riguardano in varia misura tutti i paesi che esportano negli Stati Uniti», ha affermato Massimo Artusi, presidente di FEDERAUTO.
L’iniziativa americana colpisce duramente il settore automobilistico europeo, già gravato dalle sfide della decarbonizzazione.
«È sul piano del pragmatismo che l’Europa e l’Italia devono misurare le loro risposte», ha ribadito Artusi, sollecitando una visione concreta per evitare ulteriori danni a un comparto strategico e già sotto pressione per le trasformazioni legate alla transizione ecologica.

Dazi, una spirale da fermare
«Noi siamo sempre stati contrari a guerre daziarie», ha dichiarato Artusi, sottolineando che misure simili «provocano solo disastri».
In un’economia globalizzata, infatti, i dazi non fanno che «distorcere i mercati, rallentare la produzione e mettere a rischio l’occupazione».
L’automotive, per sua natura interconnessa e internazionale, diventa il simbolo di questa vulnerabilità. Le misure protezionistiche, lungi dal difendere l’economia nazionale, rischiano di generare effetti boomerang che pesano su tutte le componenti della filiera industriale.
L’effetto domino sull’automotive
«I dazi peseranno sulle auto europee esportate negli USA, su quelle fabbricate in America da produttori europei e anche su quelle americane con componenti europei», ha spiegato Artusi.
A questi impatti si sommano quelli indiretti sulla logistica, che sarà «rallentata, complicata e resa più costosa».
L’insieme di questi elementi, secondo il presidente di Federauto, compone un quadro incerto e allarmante. Le borse hanno già reagito negativamente, segnando una chiara disapprovazione per le nuove barriere commerciali imposte dall’amministrazione americana.
L’Europa deve reagire unita
«Ci auguriamo che l’Unione Europea trovi una risposta univoca e capace di disinnescare la spirale perversa dei dazi», ha dichiarato ancora Artusi, invocando una mediazione efficace.
Una possibile via d’uscita, suggerisce, potrebbe essere un accordo di libero scambio, o comunque misure volte ad alleggerire il peso doganale.
Serve anche un ripensamento dei target e degli standard del Green Deal, in modo da preservare la competitività dell’industria automobilistica europea e riportare il cliente al centro delle strategie del settore.

Plinio Vanini: posti a rischio
A dare concretezza ai timori occupazionali ci ha pensato Plinio Vanini, vicepresidente di FEDERAUTO: «Un calo di 50 mila veicoli mette a repentaglio 3 mila posti di lavoro».
Secondo Vanini, il comparto dei concessionari rischia fortemente: già messo sotto pressione dall’introduzione dell’agenzia e dalle normative energetiche, ora deve affrontare anche le ripercussioni di una guerra commerciale.
«Il settore dà lavoro a oltre 90 mila persone», ha ricordato, sottolineando l’urgenza di proteggere un presidio economico e sociale fondamentale per il Paese.
Una strategia per il futuro
«Bisogna intervenire immediatamente», ha avvertito Vanini, «per neutralizzare le politiche del Green Deal perseguite dalla Commissione UE, non sostenute dal mercato».
Ma anche per garantire al settore automotive quella certezza normativa di cui ha bisogno.
Servono semplificazioni sugli standard di sicurezza, emissioni e omologazioni, ma anche misure attive per rilanciare il mercato interno.
«Altrimenti», ha concluso Vanini, «l’effetto finale sarà una contrazione del mercato, un invecchiamento del parco circolante e quindi più inquinamento e meno sicurezza per tutti».
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