Auto in frenata: il motore dell’Europa rischia il collasso

Ecco la sintesi della nuova ricerca condotta da ANIASA e Bain & Company sul mercato automotive.

Il futuro dell’automotive non passa più per le autostrade della crescita. Il nuovo studio di ANIASA e Bain & Company fotografa un settore alle prese con un declino strutturale, destinato a protrarsi almeno fino al 2030. Il rallentamento della domanda globale, la stagnazione dei veicoli elettrici e i nuovi scenari geopolitici – tra dazi e conflitti economici – costringono l’industria a rivedere strategie, mercati e modelli. L’Italia, intanto, torna a muoversi in auto, ma a comprare è sempre meno. Un parco circolante che invecchia e un’elettrificazione che non decolla raccontano il fallimento (almeno parziale) della transizione in atto.

Europa a passo lento

Dopo una crescita sostenuta fino al 2017, l’automotive europeo è entrato in un ciclo discendente che sembra inarrestabile. Le proiezioni parlano chiaro: da qui al 2030 il Vecchio Continente perderà 15 milioni di veicoli rispetto alle previsioni. E non va meglio nel Nord America. Solo l’Asia meridionale e il Sud America mostrano segnali di vitalità. “Il rallentamento della domanda nei mercati maturi è ormai strutturale, e costringe le Case a ridisegnare la propria presenza geografica”, ha spiegato Gianluca Di Loreto, partner di Bain & Company. L’Europa, oggi, paga una transizione energetica troppo ambiziosa, senza ancora una risposta concreta dalla domanda.

Dazi e tensioni: l’auto diventa geopolitica

Il ritorno ai dazi come leva politica sta ridisegnando la mappa industriale globale. I costruttori tedeschi sono tra i più esposti: dipendono da mercati in calo e subiscono barriere crescenti. “Circa metà dei volumi dei brand tedeschi è oggi a rischio, tra stagnazione interna, freno cinese e ostilità USA”, afferma Alberto Viano, presidente di ANIASA. In parallelo, la Cina domina l’industria manifatturiera globale, mentre gli USA cercano di rilanciare la produzione interna, ormai scesa a livelli minimi storici. Il risultato è un mercato frammentato, dove la politica influenza le scelte industriali quanto (se non più di) la tecnologia.

Italia: l’auto si usa, ma non si cambia

Nel nostro Paese l’automobile rimane centrale per la mobilità quotidiana, ma gli italiani preferiscono l’usato. Prezzi in crescita, incertezza normativa e mancanza di incentivi chiari frenano il mercato del nuovo. Il diesel è quasi sparito, ma le emissioni restano alte. “La sostituzione tecnologica non ha portato i benefici sperati: le emissioni medie superano ancora i livelli del 2015”, osserva Gianluca Di Loreto. Le auto elettriche pure faticano, soprattutto nel Sud e tra i privati, mentre le ibride conquistano metà del mercato. Una transizione a metà, più figlia dell’offerta che della reale domanda.

Un’industria da ripensare La fotografia scattata da ANIASA e Bain & Company evidenzia un cambiamento profondo. “Il comparto non può più affidarsi alla crescita spontanea: serve una strategia nuova, basata su flessibilità, riorganizzazione produttiva e presenza selettiva nei mercati”, avverte Alberto Viano. L’Europa, in particolare, è chiamata a scelte radicali per non perdere il treno della competitività industriale. In un contesto dove stagnazione, frammentazione e tensioni internazionali sono la nuova normalità, l’unica via per restare in corsa è “ripensare l’intero ecosistema auto con coraggio e visione”, conclude Gianluca Di Loreto.